È sabato mattina, per la precisione sono le 10:01:11, e le mie palpebre cadono.
Yvonne mi ha chiamato alle 7:45.
Ero ancora a letto con Serge, era già sveglio.
Come fa?
Mi appoggio alla fotocopiatrice perché anche la gamba sinistra mi ha abbandonato.
-Ti sei fatto qualcosa?- mi ha chiesto Yvonne quando sono entrato nel suo studio e la sua collega, Josiane, e il suo collega, Baptiste, mi hanno guardato imbarazzati.
No, Yvonne, figurati, solo qualche tiro di marijuana pura. Me l’ha offerta il mio magnaccia, Moony ti ha detto che mi prostituisco, vero? Me l’ha offerta il mio magnaccia perché stanotte, quando ho smesso di singhiozzare, il mio corpo ha continuato per me, e, sai, non riuscivo ad addormentarmi.
Crisi di nervi.
Crisi isterica.
E poi tu mi hai chiamato alle 7:45 dicendomi l’indirizzo del tuo ufficio. Alle 9:30. Ah, scusa se ho ritardato.
-Ok, adesso dimmi. È vero che ti prostituisci?-
Per fortuna Josiane e Baptiste sono fuori per una commissione.
-Sì.-
Appoggia il bicchierino con il caffè sul tavolo da disegno, 70x100, e si avvicina con le mani sui fianchi.
-È vero che l’hai tenuto nascosto a Monique per un mese?-
-Sì.-
Mi dà uno schiaffo a mano aperta sull’esatto centro della guancia, e io sento la sgradevole sensazione dell’occhio sinistro che si chiude e della lingua che sbatte sul palato.
-Stronzo…- commenta, e torna al suo tavolo da disegno con il caffè in mano.
-E uffa…-
Beh? Voi avreste di meglio da dire?
-Spiegami tutto.-
Play.
Mi ha avvicinato un uomo in Giacca Rossa… Magnaccia… La Suite… Due terzi a me…
Insomma, parlo per una buona mezz’ora senza che lei mi interrompa.
-Chi altro lo sa?-
Oggi Yvonne è di cattivo umore. Dalla coda mal legata escono riccioli ribelli, e non si è contornata le labbra. Gli occhialini le danno un’aria minacciosa da professoressa di matematica.
-Tuo fratello.-
-La persona migliore a cui dirlo, complimenti, veramente d’aiuto.-
-Veramente sì.-
-No, Edward.- tono insindacabile, non solleva lo sguardo dal righello con cui sta dividendo il foglio. –Non metto in dubbio che sia un buon amico, ma non poteva fare nulla di utile per aiutarti, a parte mentire a sua volta a Moony.-
-Che cazzo dovevo fare?-
-Non lo so, dimmelo tu. Quali sono le conseguenze della tua scelta?-
Vaffanculo ai fatti.
Anche io voglio passare le mie giornate a ripetere copia/incolla di fiori, lettere e motivi geometrici.
-Come sta Moony…?-
-Secondo te?-
Stronza acida imparziale.
-Stamattina l’ho convinta ad andare a scuola, le ho detto che sarei passata a prenderla. Dovevo vedere te. E tu adesso vuoi sapere se lei vorrà rivederti.-
Chi tace acconsente.
-Non lo so, ovviamente. Se fossi stata in lei ti avrei rovinato la faccia, almeno ti davano qualche giorno di convalescenza…-
Sì, Yvonne, lo so che tu saresti stata un’arpia.
-Non ti chiederò se non c’era altra soluzione. Non credo tu sia stupido né che smaniavi di fare questo lavoro. Monique mi ha detto dei debiti. Sai cosa significa?-
Tante di quelle cose…
Il mio uccello in vetrina, marijuana per addormentarmi, una reputazione da tralasciare…
-Che non mi pagherai più l’affitto.-
-No! Questo no.-
Così Moony diventa tutta tua. Così può abbandonarmi senza problemi.
Dio quanto sono stronzo.
-È…-
Sì, Edward? Cosa stai per dire?
-È mia sorella.-
Yvonne finisce di tracciare la linea e si ferma.
-Ok.-
Rimane in silenzio.
Traccia le ultime due linee e sposta il righello d’alluminio sotto il tavolo.
Sembra in procinto di dire qualcosa di fondamentale e risolutivo, ma comincia a rovistare tra ritagli di giornale.
-Ti tengo aggiornato io.-
Sì, Yvonne.
Alle tue dipendenze.
Raccolgo il marsupio dalla fotocopiatrice.
-Hai un luogo in cui dormire?-
Le piace rivolgermi domande quando non me l’aspetto. E stare zitta quando paziento.
-Sì…-
-Intendo un luogo in cui dormire quando non lavori.-
Nella Suite lavoro?
No…
Ma la Suite non esisterebbe se non esistesse il lavoro.
E io sto dando per scontato che Serge accetterebbe di farmi l’elemosina per un tempo indeterminato.
A Parigi esistono tanti alberghi.
-Sì.-
-Bene, perché è meglio se non torni a casa tua fino a nuovo ordine.-
-Sì, padrona.-
-Ehy, Edward…-
Eccola, mi deve fermare di nuovo.
-Eh…?-
-Guarda che ti sto facendo un favore. Se fosse per me Moony non ti vedrebbe più.-
-Lo so.-
Virgola, despota.

Anche Anja porta degli occhialini, lunghi e affusolati, ma su di lei amplificano l’aria da ninfomane perenne.
È una ninfomane perenne.
E il ginecologo è il suo amico di fiducia.
-Solitamente le microlesioni avvengono con il sesso anale.- mi spiega girando con lo stuzzicadenti l’oliva del suo Martini Cocktail. –Ma se tu fai sesso per quattro ore di fila ti si lacera anche la figa. E fin qui tutto ok…-
Ho sempre immaginato che nel mio scroto non ci fossero palline diverse da quelle del mouse, o da un’oliva.
-Ma se fai quattro ore di sesso tutti i giorni le lesioni non hanno il tempo di rimarginarsi. Ah, e ti do un consiglio anche se sei un uomo: non buttare mai gli slip sul pavimento, o su un posto con polvere o altre schifezze. Di norma c’è una bassa percentuale di rischio di infezioni, ma se fai sesso con una certa frequenza le probabilità aumentano.-
-Sì, è terribile.- interviene Mon, che beve the caldo perché, le hanno detto, fa passare la classica sete estiva. Fa venire caldo a me. –Quando ti si arrossa la patatina il sesso è impossibile, brucia tantissimo.-
-Già. E sembra che il pene si incolli dentro.-
-È terribile quando ti prende il clitoride. Non puoi mettere neanche i jeans.-
-E senti le mutande come se fossero cartavetro.-
Siamo all’Istant, in un tranquillo sabato pomeriggio di routine.
Le ho accompagnate a fare shopping e poi loro hanno insistito per accompagnare me a fare shopping, dato che, ma questo loro non lo sanno, non posso accedere al mio armadio.
Adesso le mie gambe mi sembrano sottili sottili nei jeans iperattillati che ha scelto Mon da Crosby, con cuciture longitudinali finto-artigianali. Anja ha così tanto insistito per farmi provare una maglietta giallo-ocra in lycra sottile semitrasparente che alla fine l’ho comprata.
Non la metterò mai.
-Mi ricordo quando avevo sedici anni e ho fatto sei ore di sesso di fila, sesso pesante, e per una settimana non riuscivo neanche a sedermi.-
Quando Anja aveva sedici anni era appena arrivata a Parigi dalla grande, desolata, Madre Russia.
Ai tempi, dice lei, non sapeva dire altro che “profumo”, “mongolfiera”, “io sono”, “incantata”, ma pare che la gente capisse lo stesso quel che doveva capire.
Facile se giri con le mutande a vista.
Adesso ci scherza sopra, con un pesante accento russo e una sintassi francese perfetta.
Ha fatto un corso per imparare la lingua, e un corso di dizione privato in cui le hanno insegnato, credo, come ci si aspetta che sia l’accento di una russa.
La stimo, perché parla di sé.
Io non lo faccio, e nessuno tra l’elite saprà mai che ieri mia sorella mi ha sbattuto fuori di casa. Beh, mai… Serge lo sa già.
Ma è una regola che continua a funzionare: vita e lavoro son cose separate. E che uno non parli della propria vita per privacy o perché la propria vita è il lavoro non importa…
Anja se ne sbatte.
E dice che non è vero che dopo l’89 si condivideva il rotolo di carta igienica col vicino. La carta igienica non c’era, punto e basta.
Dice che sono tutte leggende metropolitane.
Ma, Anja, tu sei una leggenda metropolitana.
Il jingle di non ricordo quale pubblicità ma mi piaceva parte in polifonica, il mio cellulare mi vibra nella tasca.
-Torno subito.-
Mat Topo.
È il soprannome di due mesi fa, e chissà perché non ho avuto il tempo di trovargliene uno nuovo.
-Pronto.-
-Ed, come va?-
Dio, quanta preoccupazione nelle sue domande. Smettila, Mat, sto fingendo che sia tutto ok…
-Abbastanza bene…-
-Sei in giro? Sono in giro e se ti va ci becchiamo…-
Ho detto a quelle due che avrei cenato con loro.
Perché ho detto a quelle due che avrei cenato con loro?
Perché mi dimentico di avere dei veri amici.
-Sono in giro con gente del lavoro…-
-Stai lavorando?! Scusa, avevo capito male…-
-No, non sto lavorando, ma…-
Cosa? Passeggio allegramente con due persone di cui gli direi: “Meglio se non te le presento.”?
-Ah…-
Edward, cerca di immedesimarti in lui. Ragazzo poco attraente che per emulare il sesso si fa una sega guardando canali porno piratati. Compagne di università ragazza media – Il sesso è una questione di sentimento. Immedesimati e pensa a cosa dirgli per convincerlo che non gli va di chiederti…
-Beh, se non hai impegni ci beviamo qualcosa?- lancia tentennante.
La sua voce è preoccupata e io sono il solito coglione.
Mi sono immedesimato nella persona sbagliata. Vuole vedere come sto.
Edward, ci sei? Ieri pomeriggio gli hai chiesto di badare a tua sorella perché questa ti ha cacciato di casa. Ti ricordi cos’è un amico?
-Adesso siamo all’Istant. Quanto ci metteresti?-
-Venti minuti?-
-Ok. Ti aspetto.-

-Nooo! Veramente ricostruite le battaglie? Ma come? Uguali uguali?-
Ad Anja l’ho detto. L’ho detto ad entrambe. “Non ci dovete provare. Non provateci con lui.”
Scusa, Anja, cosa stai facendo?
Sto diventando paranoico come una fidanzatina gelosa. Ma Mat non devono inglobarlo. No, lui è fuori da tutto questo. E se Yvonne viene a sapere con chi è suo fratello adesso, mi uccide. Se solo vedesse queste due puttane agghindate che si protendono verso suo fratello mi costruirebbe su misura una tortura lenta e inesorabile.
E Yvonne in questo momento è la tutrice di Moony.
Ahia.
Eppure lo sapevo.
-Ma dov’è che fate queste cose? Ma siete tutti uomini o ci sono anche donne?-
-Beh, ai tornei ho incontrato qualche ragazza, ma è raro…-
-Ma non vi annoiate, tutti uomini?-
No, Anja, il mondo non è ninfomane. Il mondo non aspetta la tua passera.
Anche Mon sta fingendo di essere interessata, bene come finge che io sia il suo fratellino di sangue. Gemellino. Stile di vita dell’ino.
E Mat ogni tanto mi guarda e mi chiede: Cosa faccio? Posso agire come agirei se tu non lavorassi con loro? O ti offende? Cazzo, che faccio?!
E io ho nel repertorio solo un’espressione stanca e svogliata.
-Vieni a cenare con noi al Chakra?- chiede Mon.
-No, deve cenare con sua sorella.- dico a Mon. E a Mat. E Mat annuisce a malincuore.
-Magari un’altra sera…-
E tiene una porta aperta.
Gliela devo, questa. Con tutti i casini che ha dovuto subire per colpa del mio lavoro ha il diritto di prendersi la sua fetta.
Deve veramente cenare con Yvonne. E con Moony. E io non posso unirmi.
Per una volta non è perché devo lavorare, non devo inventare scuse.
Non posso, e basta.


Quando Mat ha messo piede per la prima volta in casa mia e si è seduto sul letto di Moony io ho decretato il suo futuro.
-Non farci neanche un pensiero.-
Stava pensando a Moony.
Chi non penserebbe a Moony un minuto dopo averla conosciuta?
-Tua sorella è una gran figa.-
-Lo so.-
Ma Mat era, ed è, troppo concentrato sulle sue miniature e sui processi emotivi del suo computer per farsi avvicinare da una ragazza.
A meno che questa non abbia le sue stesse passioni. Voi ne conoscete molte che non siano dei cessi? Intellettuali fanciulle cresciute in stanze illuminate da uno schermo miopi a furia di intingere un singolo pelo di bue per dipingere un sopracciglio di mezzo millimetro?
Quando avevo sedici anni e lui diciassette mi ero detto: “gli passerà.”
Ha quasi vent’anni e continua a dipingere miniature, ma con più dovizia. Sbava per le attrici di Star Trek e per sconosciute porno-attrici che dimorano nel suo hard-disk.
Credo abbia perso la verginità per sbaglio, nel senso che non è merito suo, ma di quella ragazza che quattro anni fa ha deciso che la parità dei sessi era una cazzata, ed era suo il compito di prendere l’iniziativa.
Mat è una di quelle persone che non realizzano l’esistenza delle cose finché non ci sbattono contro, o finché non le prendi per i capelli e vi ci immergi la faccia, tipo: questa è la vita.
È innocuo per disinteresse.
Regalargli una scopata con Anja sarebbe come dare a un turista obbligato ad Auschwitz il tacchino di Natale e dirgli che è l’antipasto.
Adoro questo ragazzo.


Jo ha insistito perché andassi a prenderlo dopo il lavoro.
La verità è che non ha una macchina, alle 3 del mattino non ci sono mezzi pubblici in periferia, e lui è in paranoia.
Ha sentito brutte storie su un fantasmagorico taxista detentore di manette e bisturi, che raccoglie prostitute dalla strada e le stordisce con narcotici, per poi staccare loro la pelle ed alcune parti del corpo. Una mano, un piede, un orecchio… E con la pelle sta cucendo un vestito.
Questo perché la moglie è morta per trasmissione di HIV da parte di una puttana. E lui stesso è malato. E morto, e il suo fantasma guida il taxi in cerca di vittime.
Chiamasi: leggenda metropolitana.
Si vocifera anche che sia in realtà un poliziotto in borghese, che offre cifre esorbitanti per una prestazione per incastrarti.
Dopo averti violentato e reciso i testicoli o il clitoride.
Leggende metropolitane e il peso che un cocainomane paranoico vi dà.
Jo finisce di lavorare alle 2:30 a Evry. Si è fatto descrivere la mia macchina, e il numero di targa.
Mi stupisce che non mi abbia dato anche una parola d’ordine.

02:43.
Attendo, e non so perché ho l’impressione che Jo sarà in ritardo. Me lo immagino al rallenty, chiuso in bagno a tirarsi la sua riga di coca davanti allo specchio illuminato. Tutto il tempo di guardarsi la faccia devastata, le occhiaie profonde, a pensare quanto schifo fa questo mondo ma quanto lui sia rinfrancante in tutto questo schifo.
Io invece vorrei conoscere i luoghi peggiori di Parigi, quelli di cui tutti parlano ma che, guarda caso, non hanno mai indirizzo.
Giacca Rossa è uscito dalla Suite con me alle 20:00.
Io dovevo andare dal Cardinale, lui si lamentava di dover andare in mezzo a “merdosi fattoni” a ritirare del denaro in arretrato.
-Per cosa?- gli ho chiesto.
E l’ascensore segnava: 6, 5…
-Per della roba che non hanno pagato.-
… 4, 3…
-Ci vai da solo?-
-Ovviamente no. Sta minchia che ci vado da solo.-
… 2, 1…
-E dov’è questo posto?-
Mi ha riso in faccia, e le porte dell’ascensore si sono aperte.
-E che vuoi fare? Andare lì, e…?-
Ha camminato per la hall fregandosene di chi poteva sentirlo.
-Serge non ti ha spiegato bene le cose, ma magari dovevi capirle da solo.-
No, le ho capite perfettamente.
Andare lì, e…?
Non lo so.
Qualcosa tipo: trovarmi per sbaglio nella situazione sbagliata e sconvolgere per cinque minuti la mia vita.
La puttana che ha aspirazioni da malavitoso.
No, che vorrebbe semplicemente farsi distrarre da qualcosa che sarebbe apparentemente peggiore di quel che già c’è.
È un desiderio infantile, innocuo.
Come andare al cinema, ma un film non mi basta. Mi serve qualcosa per la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto e il gusto.
Cose che non ho mai visto e che mi catapulterebbero altrove, perché l’alcool non basta e la riga di coca che mi ha offerto Jo è già svanita.
Eppure Priscille mi aveva avvisato.
Se sei giù di morale e tiri quella domani vorrai suicidarti.
E:
È una cosa che devi imparare a gestire, o ti frega. Ti rigira come un’omelette.
E poi ti indica e ti dice:
-La droga sei tu!-
03:06.
Sì, la droga sono io.
Quella sostanza che ti fa sembrare le cose semplici, Moony; che ti fa sentire nel giusto, Yvonne; che trasforma il rospo nel principe azzurro, Thérèse.
Io sono la droga e la gente mi sniffa. A volte endovena. Oppure giù per la gola in tutta la mia acidità.
03:09.
Lo so, è una fuga mentale. Una trasposizione dell’irresolutezza dei miei problemi su un piano distaccato e fantastico.
Potrei darmi a esercizi di visualizzazione positiva e imparare a memoria l’elenco dei fiori di Bach: un malessere, una boccettina.
03:11:27.
Darmi al Rebirthing e scoprire che cazzo pensava mia madre mentre mi concepiva.
Andarci con Moony, e scoprire che cazzo pensava Yveline mentre inzuppava di sangue una lamina di oro sbiadito.
03:12:03, e quella sagoma che si avvicina alla macchina è Jo.
Ora ho due scelte.
03:12:07. O gli chiedo di portarmi in uno dei merdosi luoghi in cui tanta gente ha cercato di rifargli il culo
… oppure…
… gli chiedo di sedersi di fianco a me per aiutarmi nella mia visualizzazione positiva.
Jo per favore dimmi:
“Prendi tutto il tuo dolore in mano, e senti i tuoi piedi staccarsi da terra…”
03:12:45.
…46…
…47, e Jo apre la portiera.
-Dio che merda questo qua lo odio. Spero che nella Suite Serge non voglia rompere i coglioni perché mi escono solo bestemmie. Come va?-




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